recensione di Mario Trino
Quanto è complessa l’esperienza filmica? Se lo chiedono neuroscenziati come Vittorio Gallese (cfr. Gallese e Guerra, 2015) e fenomenologhe come Vivian Sobchack, Laura Marks, Jennifer Barker. La relazione con le immagini in movimento si struttura attraverso una pluralità di atti, intenzionali e non, che chiamano in causa sensi, emozioni, ambienti materiali in cui viviamo, dispositivi tecnologici che mediano l’accesso a film e video. Si tratta di una relazione complessa, incarnata, situata. Benché insidiato da altre narrazioni mediali ugualmente coinvolgenti, come le serie tv e i videogiochi, il cinema alimenta un patrimonio di storie, simboli e miti, elaborato, nelle forme più varie, dagli spettatori, diventando memoria personale e familiare, spunto di conversazioni, flusso di argomenti per condividere l’emozione vissuta. A partire da queste particolari qualità del medium cinematografico si può comprendere fino in fondo Cinediario, il libricino di Paolo Puppa da poco pubblicato dall’editore Oèdipus. [continua a leggere su Quadernidaltritempi]