Due commenti a Venire a Venezia

Caro Paolo,

 

l’ho guardato con grande piacere e divertimento! Non conoscevo questo tuo aspetto di attore (di bravissimo attore!) e devo dire che il testo emoziona, anche nella sua dimensione vagamente tragica che, tuttavia,  riesce a far sorridere. Il personaggio è veneziano, ma, diversamente, da molti personaggi veneziani di cui il teatro è ricchissimo, facilmente esportabile o adattabile ad altri contesti: Stefano lo posso tranquillamente immaginare a Genova, Torino, Bologna, Roma, Napoli, Palermo ecc. con le caratterizzazioni linguistiche e di contenuto che ascriviamo a queste realtà. Il monologo sarebbe ovunque  assolutamente efficace, come lo è qui da noi (in ambito veneto-veneziano). Poi  emergono  alcune particolarità generazionali in cui magari la nostra regione è particolarmente “specializzata”: una certa storica  repressione della sfera sessuale, ma anche i figli che non si affrancano e sfruttano i genitori fino all’ultimo (una specie di contrappasso forse per l’uso indebito dell’autoritaria “cinghia educatrice”). La corta (e provinciale)  visione del mondo per cui una di Jesi è già foresta.  Insomma, davvero un bel testo, caro Paolo, interpretato in modo assolutamente straordinario e credibile (anche se sei giovane!). Sottolineo l’aspetto “testo” perché io godo di quel teatro “della parola” che ha nel monologo la sua migliore espressione liturgica. Ma questa è una mia idea da non esperto di teatro… E così mi sono anche preparato anche a vedere la prossima settimana “Dal buio un grido. Aldo Moro  come Antigone” in cui, fra gli interpreti, c’è  Francesco Wolf, un attore “di famiglia” (è nipote di mio fratello) che lavora allo Stabile di Genova, ma ha recitato spesso anche in veneto.

Grazie dunque della tua bellissima performance e di aver scritto un testo così vero che, come ogni vero testo, ha anche  una valenza etica e maieutica.

Un carissimo saluto,

Patrizio Rigobon

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Caro Paolo, oggi, dopo una carrettata di problemi, ho visto in santa pace il monologo che mi hai mandato come omaggio pasquale.

Il geometra Stefano. Valori-analisi ottimi, ferrate su a Corvara, appartamento la drio le carampane, el fio arrogante e anca un poco mona…

Stefano è patetico, ma è autentico. Non è come i quasi-anziani che devono essere giovani a tutti i costi, lui non fa parte della categoria “dobbiamo essere diversi per essere originali, disallineati…”, e poi tutti i diversi narcisi formano un campo di narcisi tutti eguali nella loro diversità.

Caro Paolo, ti confesso che ho i lucciconi agli occhi. Ho rivisto in un baleno tanti amici di papà – non a Corvara, ma ad Asiago e a Folgaria in Trentino -, con gli stessi pudichi vezzi, che senza vanto vivevano la loro normalità piccolo-borghese, come si diceva un tempo. Stefano non ha i tormenti degli intellettuali, il suo tormento è quello della normalità, simile a quella dello scribacchino di Gogol, che dal modo di camminare si vedeva che soffriva di emorroidi a causa del lavoro sedentario.

Quello che mi turba è ammettere che anche in me c’è uno Stefano che mi aspetta. Basta un nonnulla, tra qualche anno, o tra qualche mese. Diversamente da Stefano che riempie il suo tempo con gli amici, e diversamente da mio padre che consumò il suo tempo di vedovo libertino a occuparsi di signore molto più giovani lui sino al secondo fatale infarto, io perdo interesse nei confronti dello studio. Non riesco a fare tanti programmi. La ricerca si aggira intorno a pochi argomenti che forse svilupperò solo per avere fatto qualche promessa ad amici e colleghi. Ciò che tiene desto il mio animo è il desiderio di rivedere i luoghi di avvenimenti che nella mia fantasia sono importanti (mi manca Leopoli, oggi L’viv, luogo natale di un caro amico polacco scomparso a 92 anni dopo avere condotto una vita da romanzo. Leopoli è la città più a est della defunta Cacania ad avere conservato una fisionomia austriaca).

Il tuo Stefano, messo in scena, fa sorridere ma è commovente, più della scomparsa di un caro amico e persino di un familiare. Stefano contempla la miseria in cui è caduto per la molesta presenza del figlio. La tua “storia” sarebbe ottima anche per un film breve. Non un nuovo Umberto D, ma qualcosa di attuale, fatto di quell’attualità a cui nessuno bada…

Ti abbraccio e ti ringrazio, caro amico mio. Tuo Ivano Cavallin.

 

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nota, il due comment qui riportato  si riferiscono al reading di Paolo Puppa: “Venire a Venezia”, di cui potete guardare il video a questo link